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Steven Halpern Dialogo con il guru che inventò la musica new age - intervista di Filippo Bordignon

https://www.ondarock.it/interviste/stevenhalpern.htm

Steven Halpern, ovvero, l’inventore della musica new age. Anzi, meglio, lo scopritore di un approccio rivoluzionario d’intendere la musica che, quando il compositore lo teorizzò attraverso dischi, concerti e conferenze, riprese di fatto il bandolo della matassa lasciato da Athanasius Kircher, sconosciuto ma geniale gesuita tedesco vissuto nel Seicento, e dal medico britannico Richard Brocklesby, un secolo più tardi.
Halpern, newyorkese, classe 1947, si formò nei Sixties con il pallino del jazz; ben presto, però, la volontà di pervenire a soluzioni in bilico tra composizione e improvvisazione, lo condusse nei lidi dell’esoterismo sonoro, del minimalismo oltranzista, delle possibilità microtonali attraverso la tradizione folklorica orientale, sperimentando, principalmente, con pianoforte e sintetizzatori. A differenza dell’ambient coniato dal britannico Brian Eno nello stesso periodo, siamo a metà dei Seventies, la musica della “Nuova Era” non si proponeva in veste di sottofondo per le molteplici situazioni della vita; essa assurse al ruolo di accompagnamento nell’infinito processo migliorativo a cui aspirano gli esseri umani, divenendo traduzione in note di un impulso biofilo, spirituale, senza bisogno di affiliarsi a questa o quella religione. Erano gli esordi della musicoterapia moderna, sviluppata scientificamente nei decenni successivi da istituzioni quali il dottor Rolando Benenzon e Cliff Madsen.
Riportando sul Pianeta Terra le più eteree intuizioni dei “corrieri cosmici” tedeschi, Halpern diede inizio a un genere oggi diramatosi in centinaia di stili e varianti, un genere condiviso con compagni di avventura consegnati alla Storia (su tutti, Iasos e Constance Demby), oltre che da un inevitabile codazzo di scopiazzatori o, peggio, venditori di fuffa.
Dall’estatico esordio nel 1975 “Christening For Listening” a oggi, Halpern ha vissuto una carriera prolifica e pluripremiata, macinando vendite record ma ostinandosi nella ricerca di nuove sfide e collaborazioni che ampliassero le possibilità del suono di schiudere l’anima e trasfigurarla, mostrandole, cioè, mediante una musica che si fa luce, il volto dell’uomo che torna alla sua origine divina.

 





PoeMusìa

Si riapre il giardino del B&B con il ritorno di PoeMusia, l'unione tra la poesia di Edoardo Gallo e la musica del compositore Giuseppe Laudanna che amplifica la forza emotiva della Poesia stessa.
Un’unione tra Poesia e Musica, un neologismo per contenere l'emozione di queste due arti in un' unica parola.
Ed ecco che dall' emozione della Poesia nasce la prima nota, non un accompagnamento improvvisato, ma una struttura artistica che
porta la Musica a valorizzare le parole e la Poesia a valorizzare le note in completa fusione, in un amplesso artistico dal quale nasce questo straordinario spettacolo.
Posti limitati, necessaria prentazione via whatapp 3480847714.
In caso di maltempo, l'evento verrà rinviato al 21 maggio.

"Aulos,Il soffio"

“Aulos, il soffio” è il brano singolo uscito oggi 2 maggio e che potete ascoltare e scaricare in tutte le piattaforme digitali.

Il brano precede l’uscita ormai imminente del nuovo CD realizzato con Giuseppe Laudanna per l’etichetta RadiciMusic Records e inserito nella nuovissima collana Labyrinth Musik dedicata alla world music contemporanea.

Il nuovo album si intitolerà “aeternitas” e presto presenterò in questa pagina la copertina e i titoli dei brani.

“Aeternitas” contiene brani originali e tradizionali composti e arrangiati da me e Laudanna.

In due tracce c’è anche la gradita collaborazione dell’amico percussionista Luca Nardon.

Nel brano “aulos, il soffio” che state ascoltando, suono un monaulos proveniente dall’isola di Santorini, realizzato da Yannis Pantazis, musicista e costruttore di strumenti musicali ispirati all’antica Grecia e fondatore di Symposion Santorini.

Il monaulos è un piccolissimo strumento ad ancia battente dal suono molto potente ed evocativo. Un aulòs a una singola canna diffuso soprattutto ad Alessandria nel periodo ellenistico.


Casa – Nova Esperanto. L’album perduto del 2006

https://www.rockambula.com/casa-nova-esperanto-lalbum-perduto-del-2006/Quindici anni dopo, il vero primo album dei Casa ha più senso che allora.
[ 04.10.2021 | Dischi Obliqui | experimental rock ]

«Se le masse non sanno
come si presenti la loro giornata
dipende solo
dalla precisione ancora insufficiente
dei loro sogni»
(citazione dello scrittore tedesco Bernward Vesper dal romanzo Il viaggio presente nel libretto)

Il nuovo album dei Casa, progetto fondato dal mentore Filippo Bordignon, si pone a conclusione di un ciclo personale di tre album che mi sono regalato in questi giorni di pioggia e che paiono avere un comune denominatore che va oltre l’aspetto stilistico.

Come Claudio Milano e Davide Riccio, anche il vicentino ci regala un’opera di non facile ascolto, sperimentale ma senza la pretesa di essere innovativa, completamente depauperata di ogni ornamento inutile, pienamente libera e senza alcun desiderio di piacere ad ogni costo, in totale contrapposizione sia al commerciale sia all’alternativo per forza di cose.

Le scelte in controtendenza di Bordignon sono una prerogativa del musicista che già ne diede prova quando, nel 2015, decise di rinunciare all’esposizione live della sua musica per concentrarsi sulla produzione in studio come unico membro fisso sempre brillando per audacia e talento.

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Questo nuovo disco non è un modo nuovo e maturo di interpretazione del presente in quanto trattasi di registrazioni del passato, inizialmente rifiutate dalle tante piccole etichette presenti nella capitale meneghina, realizzate da Bordignon e Fabio De Felice ad occuparsi della composizione elettronica.

Un complesso concept incentrato sui personaggi degli anni di piombo come il terrorista Ulrike Meinhof, il giornalista e agente segreto Guido Giannettini, l’editore Giangiacomo Feltrinelli e ovviamente le Brigate Rosse, registrato nel 2006 e riarrangiato, missato e masterizzato a Vicenza da Gigi Funcis tra l’agosto 2020 e febbraio 2021.

Elettronica ipersatura che crea mondi inquieti tra dark ambient, post-industrial, dark jazz e quella che gli stessi autori hanno definito, con lo spirito sarcastico delle scene avanguardistiche underground anni Ottanta, “punk’n’loop extraparlamentare”.

Come detto in principio, questo disco arriva a dare un calcio alla voglia dell’alternativo presente di essere parificato al commerciale eppure si tratta di un’opera di tanti anni fa; il passato che spiega il presente e, che ci crediate o no, non vi è alcuna forzatura nelle mie considerazioni. Innanzitutto perché gli arrangiamenti e le partizioni, le tracce di Nova Esperanto erano ancora forme incompiute a cui, oltre ai due noti, metteranno mani Gigi Funis ed altri per trasformarle in ciò che stiamo ascoltando; ma anche perché lo spirito ma soprattutto la voglia di rimarcare con decisione il preciso ruolo di artista/musicista, oggi è acuita e rivendicata con una sorta di benevole violenza ma era già presente alle origini, quando probabilmente l’entusiasmo creativo mascherava il tutto rendendo le cose più tollerabili dagli stessi demiurghi.

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Tornando al disco, nonostante la pesantezza sia dell’elettronica, sia dei suoni, della struttura compositiva e dell’utilizzo della voce a tratti limitata a rumori volutamente sgradevoli e parole sconnesse, l’ascolto è inspiegabilmente piacevole con le sue infinite contaminazioni a creare un blob amorfo solo all’apparenza ma in realtà ben distinguibile, una sorta di miscela tra turbante e rilassante come guardare un film di Cronenberg, come una cena a casa di Burroughs, come un sogno folle che danza al confine con l’incubo.

L’estetica fuori da ogni logica di mercato di un disco come Nova Esperanto rappresentava, al momento della sua creazione, una sorta di colpo di coda di un intero mondo nato negli Ottanta, un sottobosco anarchico fatto di registrazioni grezze scambiate tra amici, di libertà creativa che esplodeva in piccoli luoghi pieni di idee, di curiosità e di punk in evoluzione come nel caso di realtà quali i Gustoforte.

Se nel 2006 questo disco non poteva che suonare come atto finale di una minirivoluzione incompiuta, oggi acquista un nuovo ruolo, quello di portavoce della miriade di artisti che non ci sta a sentirsi dare del rosicone solo perché non raggiunge i numeri del trapper di turno o della band rock passata dalla tv. Un ruolo di artista libero e indipendente che mette sé stesso prima di ogni cosa, il vero sé stesso, quello che si traduce nelle sue creazioni, che esiste solo perché loro esistono esattamente come ce le presentano e che, così facendo, (ri)traccia una linea di demarcazione tra musica come intrattenimento, lavoro, soldi e successo e musica come Arte.

Siamo destinati a ripeterci, ora più che mai, ma un disco come questo è esattamente ciò di cui non pare avere minimamente bisogno il mondo là fuori ma è ciò di cui ho disperato bisogno io e spero anche tu che stai leggendo ed ascoltando Casa, Nova Esperanto.